Sorta: 100 % malvazija iz posušenih grozdnih jagod
Proizvodno območje: Kras
Prst: apnenčasta planota, ki jo prekriva rdeča zemlja z visoko vsebnostjo železa
Srednja starost trt: 18 let
Razporeditev ob sajenju: Guyot – 9.000 trt na hektar – metoda Simonit
Donos: 15 stotov na hektar, 70-odstotna izguba pri sušenju grozdnih jagod ali zaradi žlahtne gnilobe
Serviramo pri temperaturi: 18°C
Ujemanje vina in hrane: modri in starani siri v kombinaciji z medom in mostardo (kandiranim sadjem z gorčico), orehov mrežni kolač.
“Adoro il vino bianco passito, cercavo sempre di immaginare come potesse essere vivere la vendemmia del Ramandolo… Credo che anche la Malvasia istriana possa essere un grande passito. Nell’estate del 2011 gli acini di Malvasia erano chiazzati di botrite, muffa nobile per eccellenza. Succede spesso, nel vino Leonard. Questa volta lasciammo appassire sulle piante una piccola parte della vigna, “Malvasia punta” è la vigna esposta a nord – est, perdendone quasi il 70%. Portammo in cantina pochissima, bellissima uva. In quell’anno, la macerazione e la fermentazione furono per me autentiche lezioni di vita.
Decidemmo di raffreddare il mosto fino alla temperatura di -2°, e mi sono emozionata, molto, quando vidi che, molto lentamente, la fermentazione continuava. Nella cantina si sparsero profumi inediti, e deliziosi. I lieviti lottavano per sopravvivere, e io rimasi a contemplare quella forza immane, la forza della vita. Mai nessun vino mi aveva regalato simili emozioni. Ricordo quella domenica, in cui a mezzogiorno suonarono le campane e noi interrompemmo il raffreddamento, lasciando il vino al suo destino, qualunque esso fosse. La fermentazione durò per mesi, sembrava non dover finire mai… l’aria era satura di aromi strani… ma positivi, non si percepiva acidità volatile, questo mi spingeva ad andare oltre. Nel frattempo si svolse anche la fermentazione malolattica, era la Natura, e io non volevo interferire.
Quando la fermentazione si arrestò, il residuo zuccherino era troppo basso per un passito. Il vino venne alla luce, e in qualche modo era mio, e dovevo dargli un nome: “Cadenza d’Inganno”, era il mio pensiero, immediato,non poteva essere nessun altro, un nome che si collegava alla musica. Una sequenza di accordi che deviano la fine di una frase, musicale, facendola continuare verso…..qualcosa, un non voler ancora finire, perchè troppo bello, quasi perpetuo.
Mi sono detta: “Non può essere così! È sbagliato!” Ma subito dopo: “Perchè no?” Succede nella musica, nel vino, e nella vita. Scoprire questo vino, accettare le sue deviazioni, mi sollevarono a un palmo dall’infinito.”